Al paese dei libri by Paul Collins

autore:Paul Collins [Collins, Paul]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Adelphi
pubblicato: 2020-01-31T16:00:00+00:00

Scoraggiato, mi trascino da Booth’s e mi perdo nei suoi corridoi infiniti e polverosi. Guarda quanti scaffali inanimati. Per ogni libro che riconosco ce ne sono venti che non so cosa siano. Di solito ciò mi rincuora – mi viene una gran voglia di leggerli tutti. Oggi però mi fa sentire un po’ triste. Anche scrivere e pubblicare un brutto libro, un libro stupido e noioso, è una fatica erculea. E a che pro? Per finire così? Perché un vecchio anarchico bruci le tue spoglie in cortile?

Per uno scrittore con un libro in uscita, lavorare da Booth’s... insomma, è come per una donna incinta lavorare all’obitorio. In una libreria così guardi in faccia l’oblio tutti i giorni. La maggior parte dei libri e degli scrittori seguono la stessa traiettoria: il primo libro è giudicato dalla critica «promettente»; il secondo «deludente»; il terzo e i successivi sono «opere più mature».4 Ma che dire di chi scrive un libro soltanto, o anche due o tre, e poi scompare, senza occupare nemmeno un byte nella memoria di un computer? Basta prendere un volume a caso dagli scaffali della narrativa – per esempio Un cavolo nell’erba, un romanzo del 1956 di Leopold Louth. Quell’anno, una recensione di Sean O’Faolain sul «New Statesman» lo salutava come «il nostro miglior umorista dai tempi di Kingsley Amis, con un ventaglio di argomenti infinitamente più ampio e, a mio parere, anche più intelligente». Do per scontato che dei lettori raffinati come voi abbiano sentito parlare di Kingsley Amis. Ma di Leopold Louth?

Dove vanno a finire tutti i Leopold Louth del mondo? Un cavolo nell’erba è davvero un bel libro. Racconta la storia di Rupert Barrener-Tapp, uno sfortunato idealista tolstoiano; perduto il maniero dei suoi antenati, si cimenta col mondo del lavoro e finisce per riparare televisori in bianco e nero di qualche casalinga solitaria.

«Questa si che è un’antenna!» gorgheggia una cliente mentre ruzzano insieme sul divano.

Louth scrisse tre libri negli anni Cinquanta, tutti molto promettenti e nello stile di Evelyn Waugh, e poi – puf! – è svanito. Ho cercato il suo nome su Internet ma non ho trovato neppure un’occorrenza. Niente di niente. Ho persino cercato di far ristampare il libro: ho scritto al «Times Literary Supplement» e alla sua casa editrice, la Gollancz – o quel che ne rimane dopo quarant’anni di fusioni e acquisizioni; in Inghilterra ho inviato mail a tutti i Karl e Louis Louth che ho trovato, in cerca dei due figli citati nella dedica del romanzo. Nessun riscontro. Di Leopold Louth non è rimasto nulla.

Torno nella dépendance, tra montagne di libri da riordinare; lo farò domani. La copia di Mosca 1979 è ancora dove l’ha buttata Booth. Quella robaccia che, come dice lui, nessuno legge più.

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